Secondo molti studiosi il termine Blues ebbe origine dall’espressione “I have the blue devils” (letteralmente “Ho i diavoli blu”) indicativa di uno stato di depressione, di profonda disperazione del popolo nero americano che, per scacciare la malinconia e per esorcizzare il proprio malessere e le proprie tensioni comunicandoli alla propria gente, cantava i Blues. La storia dei neri d’America o afroamericani e delle loro forme di espressione artistico-musicali sono profondamente legate e la storia del Blues sintetizza l’evoluzione dalle originarie matrici africane alla formazione di una nuova identita’ storica e culturale. Le radici più profonde del Blues risalgono storicamente nell’esigenza dei neri ridotti in schiavitù di sviluppare nuove forme di espressione per comunicare tra loro, giacche’ gli schiavi provenivano da zone diverse dell’Africa e parlavano lingue differenti. Essi dovettero inventarsi un linguaggio che doveva essere il piu’ possibile incomprensibile per i padroni bianchi, per i “sorveglianti”; si sviluppo’ cosi’ un linguaggio metaforico, basato sui double talks. Proprio nelle piantagioni dove lavoravano gli schiavi, per sopportare meglio la fatica e coordinare le proprie azioni con quelle dei compagni, l’elementare scansione ritmica del lavoro divenne la base su cui sovrapporre semplici iterazioni vocali secondo la tipica matrice antifonale e responsoriale proprio di derivazione africana. Da qui nacque la struttura dei worksongs. Intorno alla meta’ del XIX secolo negli Stati del Sud era molto popolare uno spettacolo basato sull’ironia caricaturale delle caratteristiche dei neri, detto ministrelsy: in pratica intrattenitori bianchi si dipingevano il volto di nero e, per la gioia di un pubblico esclusivamente bianco, imitavano sarcasticamente i tratti caratteristici, le movenze e la musicalita’ dei neri. Alcuni neri entrarono nel circuito del ministrelsy, accettando quell’ambito espressivo in quanto gli consentiva, sotto l’apparente contraddittorieta’ della satira autodenigratoria, di farsi beffe del loro pubblico bianco, ponendo in realta’ le basi per l’affermazione del black ministrelsy nel quale i neri davano sfoggio delle loro qualita’ musicali attraverso quelle che vennero poi definite coon songs, le canzoni dei “negri”.
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